lunedì 6 ottobre 2008

Yes, we can. Discorso di Barack Obama tradotto in italiano.

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Sì, noi possiamo.
di Barack Obama.
Grazie, New Hampshire[1]. Vi amo anch’io. Grazie. Grazie.
Bene, grazie davvero. Sono ancora eccitato e pronto per ricominciare. (APPLAUSO)
Grazie. Grazie.
Prima di tutto, voglio congratularmi con la Sen. Clinton per la combattuta vittoria qui in New Hampshire. Ha fatto un lavoro straordinario. Facciamole tutti un grandissimo applauso.
(APPLAUSO)
Soltanto pochi giorni fa, nessuno immaginava che saremmo riusciti a fare ciò che abbiamo fatto questa notte in New Hampshire. Nessuno avrebbe mai potuto immaginarlo.
Per gran parte di questa campagna, siamo stati dietro. Abbiamo sempre saputo che la scalata sarebbe stata ripida. Ma con numeri record, siete venuti fuori, e a gran voce avete chiesto il cambiamento.
E con le vostre voci e i vostri voti, avete dimostrato che in questo momento, in queste elezioni, c’è qualcosa che sta accadendo in America.
(APPLAUSO)
Qualcosa sta accadendo quando uomini e donne a Des Moines e Davenport, a Lebanon e a Concord, escono nelle nevi di gennaio per attendere in code che si estendono di quartiere in quartiere, perché credono davvero in ciò che questo Paese può diventare.
Qualcosa sta accadendo. Qualcosa sta accadendo quando americani giovani d’età e spirito, che non hanno mai partecipato alla politica prima d’ora, partecipano con numeri mai visti finora, perché nei loro cuori sanno che questi tempi dovranno essere diversi.
Qualcosa sta accadendo quando le persone non votano solamente per il partito a cui appartengono, ma per le speranze che hanno in comune.
E a prescindere che siamo ricchi o poveri, neri o bianchi, latini o asiatici, che siamo in Iowa o in New Hampshire, Nevada o South Carolina, siamo pronti a portare questo Paese in una direzione completamente nuova.
Questo è ciò che sta accadendo in America proprio ora; il cambiamento, è ciò che sta accadendo in America.
Voi, tutti voi che siete qui stasera, che mettete così tanto cuore, anima e lavoro in questa campagna, voi potete essere la nuova maggioranza che può portare questa nazione fuori da una lunga oscurità politica.
Democratici, indipendenti e repubblicani che sono stanchi della divisione e delle distrazioni che hanno appannato Washington, coloro che sanno che si può dissentire senza risultare spiacevoli, che capiscono che, se mobilitiamo le nostre voci per sfidare il denaro e gli interessi che ci hanno ostacolato finora, e sfidiamo noi stessi a raggiungere qualcosa di migliore, non c’è problema che non possiamo risolvere, non c’è destino che non possiamo far avverare. La nostra nuova maggioranza americana può porre fine all’oltraggio di un sistema sanitario che oggi pochi si possono permettere e di cui pochissimi possono disporre. Possiamo mettere dottori e pazienti, lavoratori e affaristi, democratici e repubblicani insieme, e possiamo dire alle case farmaceutiche e assicurative, che quando prenderanno posto a tavola, non potranno più occupare anche tutte le altre sedie, non questa volta, non ora.
(APPLAUSO)
La nostra nuova maggioranza può porre fine alle agevolazioni fiscali per le corporazioni che spostano il nostro lavoro oltreoceano e, invece, fare un taglio delle tasse per le tasche dei lavoratori americani del ceto medio, che lo meritano davvero.
Possiamo smetterla di mandare i nostri figli in scuole vergognose e cominciare invece a metterli in vere scuole che siano tramite per il loro successo.
Possiamo finirla di parlare di quanto siano grandi gli insegnanti e cominciare invece a ricompensarli per la loro grandezza dando loro più denaro e più supporto. Possiamo farlo con la nostra nuova maggioranza.
Possiamo sfruttare l’ingegnosità degli agricoltori e degli scienziati, dei singoli cittadini e degli imprenditori a liberare questa nazione dalla tirannia del petrolio e a salvare il nostro pianeta dal punto di non ritorno.
E quando sarò presidente degli Stati Uniti, fermeremo questa guerra in Iraq e porteremo le nostre truppe a casa.
(APPLAUSO)
Finiremo questa guerra in Iraq. Porteremo le nostre truppe a casa. Finiremo il lavoro, finiremo il lavoro contro Al Qaeda in Afghanistan. Avremo cura dei nostri veterani. Ricostruiremo la nostra integrità morale nel mondo.
E non useremo mai l’11 settembre come un modo per spaventare gli elettori, perché non è una tattica per vincere le elezioni. È una sfida che dovrebbe unire l’America e il mondo intero contro le minacce comuni del 21esimo secolo: il terrorismo e le armi nucleari, il cambiamento climatico e la povertà, i genocidi e le malattie.
Tutti i candidati in queste primarie puntano a questi traguardi. Tutti i candidati hanno buone idee e tutti sono patrioti che servono onorevolmente questo Paese.
(APPLAUSO)
Ma la ragione per la quale questa campagna è sempre stata differente, la ragione per la quale abbiamo cominciato questo improbabile viaggio circa un anno fa, non è soltanto ciò che farò quando sarò presidente. È anche ciò che voi, persone che amate il vostro Paese, cittadini degli Stati Uniti d’America, potete fare per cambiarlo.
È proprio questo ciò che rappresentano queste elezioni.
Ecco perché questa notte vi appartiene. Appartiene agli organizzatori, ai volontari e allo staff che ha creduto in questo viaggio e radunato così tanta gente per sposare questa causa.
Noi sappiamo che la battaglia che abbiamo davanti sarà molto lunga. Ma ricordate sempre che, per quanti ostacoli ci troviamo davanti, niente può fermare il potere di milioni di voci che chiedono il cambiamento.
Un coro di cinici ci ha detto che non ce la faremo mai. Ed essi alzeranno la voce e si faranno sempre più dissonanti nelle settimane e mesi a venire.
Ci hanno chiesto di fermarci e di guardare in faccia la realtà. Siamo stati messi in guardia dall’offrire alla gente di questa nazione false speranze. Ma nella storia incredibile che é l’America, non c’è mai stato nulla di falso riguardo alla speranza.
(APPLAUSO)
Quando abbiamo affrontato sfide impossibili, quando ci hanno detto che non siamo pronti o che non dovremmo provarci o che non possiamo, intere generazioni di americani hanno risposto con un semplice credo che rappresenta lo spirito di una nazione: Sì, noi possiamo. Sì, noi possiamo. Sì, noi possiamo.
Era un credo scritto nel documento fondante che ha dichiarato il destino di una nazione: Sì, noi possiamo.
Fu sussurrato da schiavi e abolizionisti quando nella più scura delle notti illuminarono la strada verso la libertà: Sì, noi possiamo.
Fu cantato dagli immigrati quando furono sradicati da sponde lontane e dai pionieri che si avventurarono verso ovest nelle spietate lande selvagge: Sì, noi possiamo.
Era il richiamo dei lavoratori che per primi si organizzarono, delle donne che ottennero il diritto di voto, di un presidente che scelse la Luna come nuova frontiera e di un re che ci portò sulla cima delle montagna e ci indicò la via per la Terra Promessa: Sì, noi possiamo, per la giustizia e l’uguaglianza.
Sì, noi possiamo, per le opportunità e la prosperità. Sì, noi possiamo guarire questa nazione. Sì, noi possiamo riparare questo mondo. Sì, noi possiamo.
E così, domani, quando porteremo questa campagna nel sud e nell’ovest, quando scopriremo che le lotte dei lavoratori tessili a Spartanburg non sono poi così diverse dagli scioperi dei lavapiatti di Las Vegas, che le speranze della bambina che va nella decrepita scuola di Dillon sono le stesse del ragazzo che impara a vivere nelle strade di Los Angeles, noi sapremo che qualcosa sta accadendo in America, che non siamo così divisi come i nostri politici ci vogliono far credere, che siamo un solo popolo, una sola nazione.
E insieme, cominceremo il prossimo grande capitolo della storia Americana con tre parole che risuoneranno da costa a costa, da oceano a oceano: Sì, noi possiamo.
Grazie New Hampshire. Grazie. Grazie.
(traduzione a cura di liongalahad)



[1] Questo scritto è la trascrizione del discorso tenutosi a Nashua, New Hampshire, nella notte delle elezioni primarie del 9 gennaio 2008 che videro la vittoria della Sen. Hillary Rodham Clinton con il 39% dei voti, a fronte del 36,5% del Sen. Barack Obama. La vittoria di Clinton arrivò a sorpresa dopo che tutti i sondaggi davano un largo margine di vantaggio ad Obama, il quale comunque, dopo la grande vittoria in Iowa 5 giorni prima, ottenne un risultato solo poche settimane prima impensabile, in uno stato, sulla carta, largamente favorevole a Clinton come il New Hampshire. Dopo le prime due primarie quindi fu chiaro all’opinione pubblica e alla stampa specializzata che la candidatura del Senatore afroamericano a presidente non era un’utopia ma che, al contrario, egli aveva concrete possibilità di battere Clinton, come effettivamente avvenne al termine delle elezioni primarie del Partito Democratico nel giugno 2008.